di Annamaria Locatelli
Quando gli inverni erano tanto rigidi, bambina, di ritorno dalla scuola o dalla spesa, sulla stufa di ghisa strofinavo le dita finché di geloni paonazze. La legna crepitava, ma l’ampio locale della vecchia osteria poco si scaldava… Fortuna c’erano le ascelle della nonna che non perdeva mai la sua postazione sul treppiedi vicino alla fiamma e, invitante, accoglieva il pulcino intirizzito tra le sue ali calde di piuma. Dietro di me si formava la fila per assaporare quel calore di chioccia... Alla vecchia stufa il cuore batteva forte: su un ripiano di ferro richiuso da uno sportello, proprio vicino alle braci, gelosa, accoglieva le ”schisette” di avventori infreddoliti con la frugale cena e dal ripiano di sopra profumava l’aria, mescolando gli aromi di cibi, di corpi, di fumo, di vino a quelli d’arancia e di mandarino... Era un vecchio trani del nord intriso della terra del sud. E di antiche storie stufa, o nonna che sia, raccontava: di terre di briganti di migrazioni per oceano e di gelide contrade, lei fragile precaria il porto rosseggiante in un’ansa ventosa