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Cristoforo Colombo e altre statue


di Raffaella Ferraiolo Depero 

Nel maggio 2020, durante le proteste che seguirono l’omicidio di George Floyd da parte di 4 poliziotti, diverse statue associate dai manifestanti all’ingiustizia razziale furono distrutte o rimosse.   Alcune di queste statue, ad esempio quelle di Robert Lee in Alabama e  Florida  e vari monumenti dei Confederati in tutto il Sud, erano già state per anni oggetto di contestazione e di tentativi per rimuoverle.
Ricordo che allora In Italia si levarono cori di voci che condannavano queste rimozioni e distruzioni.
È  da notare è che tutte le statue rimosse non avevano alcun valore artistico o storico. Infatti furono erette  negli Stati del Sud dal 1950 al 1970,  dopo cento anni dalla fine della guerra civile (1861-1865) e dall’abolizione della schiavitù, con un unico scopo:  quello di marcare quei territori come “territori bianchi” e, di conseguenza,  comunicare ai blacks di tenersi lontani da quei posti. Erano statue offensive e facevano l’apologia di  valori non democratici di cui  vergognarsi.  Per intenderci, come lo erano state le statue di Mussolini e Hitler nelle piazze italiane o tedesche.
Statue come quelle di Robert Lee distorcono la storia perché  glorificano personalità che volevano perpetuare una inaccettabile  schiavitù e incoraggiare o avallare un razzismo.
Man mano che quelle proteste si allargarono e denunciarono anche  altre forme di razzismo sistemico,  si arrivò alla rimozione anche di molte statue di Cristoforo Colombo presenti in varie città degli Stati Uniti. Infatti,  Colombo, ritenuto per secoli lo straordinario scopritore del Nuovo Mondo,  è stato sempre più spesso indicato come il primo responsabile degli abusi contro i nativi americani e del loro genocidio. E sotto la spinta di queste critiche  dal 2015 vari Stati – North Carolina, Alaska, South Dakota, Oregon, Minnesota,  Vermont, New Mexico, Wisconsin, Maine – e ben 130 città americane hanno deciso di cambiare il nome del secondo lunedì di ottobre da “Columbus Day” a “Indigenous People’s Day”, proprio per richiamare l’attenzione sulla storia dei massacri, dell’assimilazione forzata, delle malattie trasmesse dai Conquistadores ai Nativi Americani.
Allora, se concordamo sul fatto che una statua sia  la glorificazione di una personalità degna di essere ricordata, ammirata ed imitate, statue come quelle di Robert Lee  o di Cristoforo Colombo vanno rimosse.
È avvenuto la stesso per la statua in bronzo, ufficialmente chiamata  “Statua Equestre di  Theodore Roosevelt”, che lo mostra  a cavallo affiancato  da  un Nativo Americano e da un Afro Americano. Ha troneggiato all’entrata del Museo di Storia Naturale di NY  dal 1940 per circa 80 anni  ma è stata legalmente rimossa nel 2022, perché è un’immagine che comunica fortemente una gerarchia razziale, che i direttori del museo e i newyorkesi hanno da sempre trovato offensiva. Anzi la  stessa famiglia Roosvelt da tempo ne chiedeva la rimozione.

La nuova sede della statua sarà nella Biblioteca Presidenziale Theodore Roosevelt a Medora, North Dakota, che si prevede aprirà nel 2026. Qui sarà ridefinita nel suo contesto storico “con il contributo di un consiglio di persone indigene e di colore, storici, studiosi ed artisti”.
Immagino che a questo mio articolo seguiranno delle polemiche. Già mi sembra di sentire qualcuno  dei miei amici italiani che dirà : “I nostri eroi non si toccano!”. Ma allora obietterei: perché non pensate di scegliere altri eroi italiani?  Deve essere un italiano con legami con l’America, per cui Leonardo Da Vinci e Michelangelo non vanno bene.
Allora, invece di Cristoforo Colombo, onoriamo Sacco e Vanzetti, per esempio. Oppure tutti gli infermieri e medici di Brescia o della Lombardia e di NY  che si sono prodigati fino allo stremo delle forze durante la pandemia.