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Guerra in Ucraina. Lettera a Poliscritture

di Federico

Ho letto 5 pensieri su Non solo “i poeti in tempo di guerra non pensano abbastanza (qui). Faccio sicuramente parte di quelli che hanno avuto una reazione emotiva e viscerale e che hanno poi cercato di colmare almeno parzialmente l’ignoranza delle storie, degli eventi, degli uomini e perfino della geografia necessarie per poter solo pensare di dare un giudizio.
Ho cercato di risolvere il problema semplificando al massimo le variabili, schematizzando e osservando a livello macroscopico; e poi ho provato a mettere sulla bilancia qualsiasi evento che ritenessi in parte coinvolto cercando di sbrogliare tutte le matasse della storia.
Sono sicuro di non avere dati sufficienti per cercare di attribuire i pesi delle colpe e dubito che qualcuno possa.
Sono però certo di una cosa. L’invasione, i bombardamenti, l’accanimento contro i civili è qualcosa che non posso e non voglio sopportare.
Non voglio scendere a patti con qualcosa che mi ripugna fino nelle più piccole fibre del corpo.
Chi è capace di fare una cosa simile va fermato. Chiunque esso sia e in qualunque posto del mondo.
Accettare accordi vuol dire incentivare la predisposizione all’uso indiscriminato della forza.
Chi dice “sono contro la guerra” vive da troppo tempo una vita agiata.
Da troppo tempo non sperimenta sulla sua pelle il traumatico richiamo alla realtà di un pugno a tradimento o magari anche solo lo choc di una ingiuria urlata in faccia.
E’ talmente addomesticato da aver dimenticato che alla bestia non importa che tu non voglia essere mangiato.
Credo sia innegabile che ci siano persone che riconoscono solo la ragione di una forza preponderante.
Accordarsi con loro vuol dire accettare che il male che hanno inflitto è tollerabile, che le loro richieste sono da esaudire e vuole anche dire che quando in futuro ripeteranno le loro azioni avranno la tranquillità di una collaudata impunità.
Non concordo nemmeno sulle ragioni di chi rievoca le colpe della parte avversa quasi fornissero delle attenuanti.
Ora abbiamo davanti agli occhi un atto incontestabilmente esecrabile. Cominciamo a porvi una immediata opposizione.
Immediata, congiunta, tassativa e che sia il precedente che scoraggi tutti i comportamenti simili futuri.
Poi procediamo a risolvere le pendenze arretrate.
Non ho volutamente affrontato il discorso delle sanzioni, degli aiuti militari o dell’intervento armato.
Se non siete d’accordo con le basi del mio discorso, basta “accendere il condizionatore” e godersi il fresco.

 

Non solo “i poeti in tempo di guerra non pensano abbastanza”

Dopo un mese di guerra in Ucraina. Chiuso per riflessione.
Firmato
Nottola di Minerva

Cresce la delusione per i modi in cui in Italia si sta dibattendo sulla guerra in Ucraina. Non so se e come usciremo da questo buio che ci attanaglierà sempre più. Pesiamo almeno le nostre parole e coraggio. [E. A.]

Nota.
Hegel sosteneva che la filosofia è simile alla "Nottola di Minerva" (una specie di civetta, uccello sacro alla dea della sapienza) che inizia il suo volo solo al crepuscolo, quando il sole è già tramontato.

* Il titolo fa riferimento a una mia vecchia poesia e ad un vecchio dibattito (qui)

 

Riordinario 19 marzo  2022

 Guerra in Ucraina. Scambio sulla pagina FB di Giovanni Cominelli

di Ennio Abate

Andrò avanti a pubblicare il Riordinadiario delle ultime settimane, ma lo farò a salti e senza rispettare l’ordine cronologico. Più avanti (forse) cercherò di capire il perché di questa scelta (d’emergenza). [E. A.]

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Guerra in Ucraina. Prese di posizione (14)

 

 

RIordinadiario 5 marzo 2022

Appunti contro la guerra in Ucraina

di Ennio Abate

Mi scrive un amico: «seguire giornalmente i giornali, la TV, FB e alcuni blog e giornali online è diventato un lavoro a tempo pieno, anzi più che pieno perché la giornata non mi basta. Taglio e trascuro molto, ma in questi giorni di guerra si pubblicano tante cose che non riesco a ridurre la quantità di letture e ascolti giornalieri che mi sembrano utili». È più o meno quello che ho fatto io pure (e credo tanti altri) in questi giorni. Come per esorcizzare un’ansia. Ma con insoddisfazione. Perché t’accorgi che è come  spalancare porte e finestre della tua casa mentale/sentimentale a una tempesta che ti scaraventa dentro di tutto e sporca, rompe, distrugge.
È un fenomeno che, ingigantitosi attorno al 2020  sull’ondata  di notizie  vere/false sul coronavirus di Wuhan, è indicato con un neologismo: infodemia s. f. Circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento per la difficoltà di individuare fonti affidabili. (Treccani)
Ne avevo letto e m’ero segnata  una nota di Claudio Vercelli[i]. E ricordo che Franco Carlini (di cui oggi pochi si ricordano)  nel 2002 di qualcosa di simile aveva parlato in una sua ribrica d’informatica su “il manifesto” suggerendo con un  sano ottimismo  una via per conservare un giusto equilibrio tra apertura alla diversità e “filtraggio”.[ii]  
Oggi, però, di fronte alla guerra in Ucraina e ai suoi rischi  siamo ancora capaci di  accogliere e praticare quel suo consiglio?
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Roberto Casati: «Oceano. Una navigazione filosofica»

di Donato Salzarulo

1.- Non ricordo bene il mio primo incontro col mare. Sicuramente avvenne in occasione della gita di terza media a Bari e alle Grotte di Castellana. Ma forse ci siamo incontrati prima, durante la fanciullezza, in una visita di qualche giorno agli zii residenti a Napoli. Stupore e diffidenza furono le emozioni che ne ricavai.
Poi venne l’adolescenza e la gioventù, venne la voglia di abbronzatura e delle corse sulla spiaggia o lungo la battigia.
Poi venne l’incontro con mio cognato, uomo di mare rispetto al mio Io di montanaro, coi suoi tentativi falliti d’insegnarmi a nuotare. Imparai a fare il morto e continuai ad accoccolarmi o a bagnarmi nell’acqua fino al punto in cui toccavo. Da più di un decennio non ci provo più e, se mi capita di dover accompagnare la tribù familiare in qualche località marina, sulla spiaggia non ci metto piede.
Ho passato tre volte lo Stretto di Messina, sono stato una settimana a Lipari e ho girato per le isole Eolie. Sono stato anche una settimana a Capri. Ho salutato il “confine della Terra” in Portogallo e ho passeggiato per quindici giorni lungo il Malecon dell’Avana e per altri quindici giorni sulla spiaggia di Vancouver. Per curiosità ho fatto una crociera verso Ibiza e Barcellona su una di quelle navi-edificio e, per quanto mi riguarda, ho messo la croce. Il mare, come dice la canzone, mi piace d’inverno e, da oltre vent’anni affitto, da dicembre a giugno, una casa a Pietra Ligure, dove trascorro parte della mia esistenza.
Ho incontrato il mare?… Sì e no. Più di no che di sì. Il mare questo sconosciuto, popolato da vongole, seppie, alici, sarde, orate così gradevoli al mio palato, questa massa d’acqua sempre in movimento, questo ritmo che ora m’incanta ora mi spaventa. I surfisti, le vele, le barche in darsena, la voglia di mettersi in viaggio e partire per l’ignoto…
Il mar d’amore
oggi scintilla argenteo.
La droga è il libro.
Così sono finito tra le pagine dell’ultimo libro di Roberto Casati: «Oceano. Una navigazione filosofica» (Einaudi, 2022) Continua la lettura di Roberto Casati: «Oceano. Una navigazione filosofica»

Guerra in Ucraina. Prese di posizione (9)

Pagine della Bibbia Koberger del 1483

di Marga

C’è un virus che si aggira per l’Europa (e in altre parti del mondo) il quale, anziché attaccare il corpo, attacca la mente. Una viralità che passa inosservata fintanto che non si arriva alle estreme conseguenze. La mente infatti non ha ‘corporeità’ e quindi i suoi malanni non sono immediatamente percepibili se non all’occhio esperto: perciò quando si interviene può essere troppo tardi. Anche questo virus ne rispetta le peculiarità: è molto contagioso, si appiccica ai fragili e a coloro che hanno poche difese immunitarie (ovvero non sanno pensare ‘in proprio’), e assume, com’è sua natura, varie mutazioni. Ma il suo compito rimane quello: allargare il parterre degli ospiti da contagiare. Le mutazioni si presentano nelle vesti del “luogo comune” (molto infettivo); nell’apnea del campo informativo (che, essendo sempre quello di parte, si asfissia da sé solo); nell’inversione dei valori linguistici pilotati a seconda di chi li sta esprimendo. Orwell insegna. Contemporaneamente, il linguaggio viene confinato ad un livello concreto (il nome è la cosa) e non riesce a passare ai livelli superiori dell’astrazione, della metafora e della simbolizzazione. Faccio un esempio ricorrendo ad una litania sentita di frequente nelle nostre ‘beatitudini’ infantili: “se trovi piacere da solo, ovvero ti masturbi, diventerai cieco!” E via con il terrore, dilaniati tra la possibilità di perdere la vista e il perdere il piacere. Ma il senso era diverso: se continui a masturbarti intellettualmente, parlandoti sempre addosso, compiacendoti di te stesso, certamente diventi ‘cieco’ di fronte alle istanze altrui, a loro volta usate come meri ammennicoli di piacere e non interlocutori. La modalità di attacco di questo virus è anch’essa orientata alle ‘vie respiratorie’ le quali, metaforicamente intese, permettono gli scambi tra il dentro (noi) e il fuori (gli altri). Essendosi perduto il senso del tessuto sociale (ulteriormente danneggiato dalle esagerate/assurde restrizioni legate alla pandemia) oggi la tutela linguistica è decaduta. Una ‘archeolingua’ (come la definisce G. Orwell) va sostituita dalla neo lingua la cui funzione, una volta radicatasi nella popolazione, renderà impossibile ogni pensiero eretico. Qualunque pensiero discordante o contrario viene considerato uno psico-crimine il cui portatore va messo alla gogna. Questo è lo spettacolo che oggi è sotto l’occhio di tutti! Continua la lettura di Guerra in Ucraina. Prese di posizione (9)

Guerra in Ucraina. Prese di posizione (8)

Questo articolo mi pare ottimo (e disperato)…[E. A.]

L’Europa nel gorgo dei nazionalismi (qui)

Il revanscismo russo rientra in una vicenda storica iniziata nel 1914, che il comunismo non è riuscito a interrompere

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Guerra in Ucraina. Prese di posizione (7)

«APPUNTI SULLA QUESTIONE RUSSO-UCRAINA, STATI UNITI E OCCIDENTE

di Valerio Spositi

Premessa: una conoscenza più vasta, dettagliata scientificamente fondata del conflitto russo-ucraino l’avremo solamente tra diversi anni, quando vi sarà una disponibilità di fonti sufficiente sulle quali lavorare. Pertanto, ogni analisi – compresa la presente – soffre di limiti e parzialità. Continua la lettura di Guerra in Ucraina. Prese di posizione (7)

Guerra in Ucraina. Prese di posizione (6)

a cura di E. A.

L’articolo di Alberto Negri, L’Europa torna il Continente selvaggio, pubblicato il 25 febbraio 2022 su “il manifesto” (qui)  coglie bene alcuni punti decisivi degli eventi in corso:

1. L’ambigua vittoria di Putin.

È una vittoria ma solo nel breve periodo. (E anzi forse si sta rivelando controproducente). Essa potrebbe essere pagata ad un costo molto alto dalla Russia. Perché  quando Putin parla di «denazificazione» dell’Ucraina sembra di tornare al 1945, ad una Europa «sepolta sotto le macerie del più devastante conflitto della storia». Si tratta, dunque, di un regresso al Novecento dai cui orrori molti credevano di essere usciti definitivamente. Putin, invadendo l’Ucraina,  ci ha fatto «rientrare nel secolo dei massacri europei, visto che quelli più recenti, nella ex Jugoslavia, li aveva[mo] dimenticati».

2. La conferma dell’indebolimento della politica imperiale degli USA di Biden.

«Dopo il disastro del ritiro nell’agosto scorso dall’Afghanistan, [Biden] incassa uno schiaffo sonoro da Mosca. Prima i talebani, adesso i russi». E «in termini più ampi di geopolitica vede Mosca scivolare sempre di più nelle braccia di Pechino, che mantiene comunque una linea prudente: la Cina, maggiore partner commerciale di Kiev, non ha riconosciuto l’annessione russa della Crimea e nonostante i grandi accordi economici e sul gas con Putin invita «le parti a esercitare moderazione e a evitare che la situazione vada fuori controllo». Inoltre, la Turchia, «membro della Nato», che ha espresso il suo appoggio all’integrità territoriale dell’Ucraina, resta saldamente «legata alla Russia di Putin da cui riceve la maggior parte del gas, con cui ha in costruzione centrali nucleari e dalla quale ha persino acquistato le batterie anti-missile S-400».

3. Ridimensionamento politico e militare dell’Europa.

Alberto Negri sottolinea la rottura tra Russia ed Europa: « la Russia si allontana dall’Europa in una deriva tragica per gli europei e per gli stessi cittadini russi»; ma anche il fatto che «la Germania conta nulla e rischia di perdere la centralità che aveva con Merkel»; la teatralità del presidente francese («Macron è un gesticolatore») e la sudditanza opaca degli altri statisti europei («gli altri non esistono, se non quelli dell’Est, in prima linea come i polacchi»). L’evidenza di questa subordinazione degli europei Negri la  ravvisava – ricordare che l’articolo è del 25 febbraio – nelle  misure «paralizzanti» annunciate dagli Usa (e negli ultimi giorni ormai scandalosamente confermate [1]), che «investono il sistema finanziario» e colpiranno anche «il settore energetico». E prevedeva tempi duri: «L’Italia e l’Europa importano oltre il 40% dei loro consumi di gas dalla Russia e il 25% del petrolio, in pratica la guerra di Putin contro l’Ucraina finora l’abbiamo finanziata anche noi. Così siamo al punto che non ci restano altre alternative che sopportare le conseguenze di un conflitto che arriva diritto dentro le nostre case colpendo il portafoglio e le speranze di pace».

[1] 27 febbraio 2022

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