di Yuri Ferrante
UNA STANZA Non condividiamo nulla se non l’aria di una stanza, le stesse leggi della fisica, la gravità che ci schiaccia. E allora cosa cerco in quelle braccia? Cosa mi spinge a raccontarti cose che non hanno mai avuto parole, che i pensieri non sanno contenere, che io non so di contenere. Non volevo abbandonarmi, non volevo ribellarmi alla morsa del gelo. Ma più mi avvicino al calore del tuo sangue più brucia la solitudine di questa pelle. IN NATURA Ogni giorno più distanti dalla terra, dalla sabbia che ci forma, dalla roccia e dall’argilla. Ogni gesto, ogni momento, un sasso sopra l’altro monumento a sé stesso a memoria del vagito del creato, di un istante sopito, soppresso, svanito. Si osserva la natura intorno come sconosciuta, imprevedibile sorpresa, non racchiusa nella programmazione standard di elettronica provincia. Sarebbe meglio stare fermi, alzare le braccia, lasciare scorrere clorofilla sulle labbra. Mentre il pino ci osserva, ed anche la quercia, è vigile il gallo, la capra, la merla, la rosa, il cavallo, non dicono niente ci notano e basta, sospirano, belano, infine appassiscono, si fanno toccare da mani e pisciare da cani, bagnare da gocce di pioggia, e noi, in mezzo alla folla copriamo la testa, i capelli, la faccia, con vesti, ombrelli, giornali e diciamo convinti la nostra parte, ci piace farla a regola d’arte, e in punto di morte ci spogliamo nudi, per ricordare chi siamo, da dove veniamo e senza parola, poiché muore anch’essa in gola, e torniamo al gemito, al fremito, all’imbrunire, a sentire l’acqua scorrere tra le pupille e sfiorare la vita, in punta di dita che premono il senso animale, perduto, nascosto per anni, inumato, muto. E all’ultimo tocco un picchio da dietro un vetro, ci guarda e ci riconosce. I TEMPORALI Ci sono lampi che non si spengono nemmeno quando le luci muoiono, quando i corpi riposano per poche ore o per spazi eterni. Sono voci di temporali da qualche parte, dentro di noi continuano ad esplodere, bagliori all’orizzonte ora vicinissimi ora inarrivabili. UN GIORNO Vorrei vivere il dolore come lo vive una farfalla. Così poco tempo per volare, per amare, non c’è spazio per il male. E se il volo dura un giorno, quanto vale ogni secondo.